«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

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giovedì 25 aprile 2024

Ritorno alla scacchiera

Tempo fa, in un commento, mi fu consigliato di giocare a scacchi per tenere occupato il cervello in alternativa ai rompicapi logici: non ebbi voglia di spiegare i perché e i per come ma sugli scacchi, da almeno una quindicina di anni (mi pare di aver giocato l'ultimo torneo nel 2007), avevo messo una pietra sopra.
Gli scacchi sono un gioco bellissimo ma per ottenere buoni risultati bisogna iniziare a giocare da giovani e io, seriamente, iniziai a giocare a 25 anni: un'età che, anche se non sembrerebbe, è già troppo alta. L'esempio che si fa di solito è quello del linguaggio: la lingua che si impara in là con l'età la parleremo con maggiore fatica, tutti i concetti e le idee li penseremo nella nostra lingua madre e poi li tradurremo in seguito con gli occasionali strafalcioni. Il problema è che molto spesso negli scacchi un singolo strafalcione equivale a perdere la partita! Molto frustrante per me: di solito giocavo meglio dei miei avversari di pari categoria ma poi sprecavo tutto con delle sviste...
Insomma nel 2007 decisi di lasciare perdere e da allora non ho avuto rimpianti.

Poco dopo detto commento sono stato però contattato da un mio amico che mi ha chiesto di giocare un po' col figlio ed, eventualmente, dargli qualche indicazione utile per farlo migliorare. Il ragazzo ha 12 anni e ha iniziato a giocare da almeno un anno ma è già discretamente forte.

Inizialmente vincevo metà partite e l'altra metà la perdevo per gli svarioni di cui parlavo sopra. Anche poi la cadenza di gioco, 10 minuti a testa, era troppo rapida per me che dovevo controllare tutto due volte.
Così dopo un po' l'abbiamo portata a 15 minuti più 10 secondi per mossa: io mi sono trovato meglio (mentre al mio giovane avversario sono occorse un paio di partite per abituarsi) ma le sviste, seppure forse meno frequenti, sono continuate.

Un altro problema che avevo è che non mi riusciva più "calcolare" ovvero visualizzare mentalmente la posizione sulla scacchiera dopo una certa sequenza di mosse: e gli scacchi, si dice, sono un gioco al 10% di strategia e al 90% di tattica. Dove la strategia corrisponde a criteri generici su cosa sia meglio o peggio mentre la tattica corrisponde (grossomodo) alle variazioni di materiale dopo sequenze calcolate di mosse. Non riuscire a calcolare significa giocare a istinto ma, specialmente in specifiche posizioni, ciò non è possibile.

Così mi sono messo ad allenarmi sulla tattica su un sito di scacchi specializzato: ChessTempo.com
Ecco, per dare l'idea, al mio massimo avevo raggiunto un punteggio di poco sopra i 2000 punti ma, smettendo di allenarmi con costanza ero calato a 1800. Adesso rimettendomi ad allenarmi sono sceso fino a 1650 ricominciando poi a risalire e stabilizzandomi intorno a 1750. Nelle prossime settimane sono fiducioso di riuscire a tornare sopra 1800, vedremo.

Fortunatamente questo mi ha permesso di eliminare le sviste più clamorose e di riuscire a calcolare, seppure con greande lentezza e fatica, delle sequenze medio-brevi di mosse. Poi ancora, soprattutto se ho poco tempo sull'orologio, mi sfuggono combinazioni banali di poche mosse. Si potrebbe pensare che eliminando gli strafalcioni e aggiungendo una minima capacità di calcolo i miei risultati contro il giovane apprendista sarebbero parimenti migliorati: invece no!
Ho la netta sensazione che sebbene io continui a giocare sempre meglio egli, comunque, migliori più di me...

Allora dalla scorsa settimana ho fatto un nuovo passo: mi sono rimesso a studiare le aperture.
Le aperture sono sempre state il mio punto debole: non le ho mai studiate seriamente, non mi piacciono, a inizio partita sono particolarmente distratto e quelle che giocavo erano considerate dubbie (anche se la scozzese ho scoperto che è stata fortemente rivalutata) e deboli anche a gioco corretto.
Ho scoperto che adesso su ChessTempo è possibile anche allenarsi sulle aperture: in generale i problemi del loro studio sono essenzialmente due: 1. ricordarsi la sequenza di mosse corrette; 2. capire il perché delle singole mosse. Il punto 1 è un problema mnemonico: io non ho problemi a ricordarmi il senso generale (di qualsiasi cosa) ma per le mosse è necessaria una precisione assoluta. Il punto 2 potrebbe non essere evidente ai non scacchisti: il problema è che le possibilità degli scacchi sono innumerevoli e inevitabilmente, più prima che dopo, il nostro avversario giocherà una mossa che non avevamo previsto: come proseguire in tal caso? Per proseguire è necessario conoscere i piani che sono dietro alle singole mosse in maniera da reagire così con cognizione di causa alla sorpresa dell'avversario. E io qui facevo schifo...

Su ChessTempo si inseriscono le mosse che si vogliono studiare, che io ho scelto basandomi sui miei libri e dalle valutazioni del calcolatore (ormai notevolmente più forti dei più forti giocatori umani). Poi il programma ti mostra più che le sequenze di mosse (riprodotte a velocità extra rapida, un decimo di secondo per mossa o roba del genere) le singole posizioni: il giocatore deve inserire la mossa prevista.
Io ero un po' perplesso: ritenevo che la sequenza di mosse fosse molto importante e il programma invece non la fa studiare; per il punto 2 di cui ho scritto sopra non c'è praticamente nessun ausilio se non i commenti di altri utenti (non particolarmente affidabili e magari in lingue ignote). Invece....

Invece mi sono reso conto che sapere la sequenza di mosse (così come avevo provato a studiare le aperture vent'anni fa) NON è importante: è un ausilio utile per ricordare le singole mosse (come il ritmo e le rime di una filastrocca aiutano a ricordare la parola che viene dopo) ma è anche un pericolo dato che quando si esce dalla sequenza si è immediatamente in un terreno incognito (spiegherò meglio dopo).
In realtà ho capito che è importante memorizzare le posizioni e NON le sequenze. Ricordando le posizioni è per esempio immediato riconoscere e giocare perfettamente le trasposizioni (stesse posizioni raggiunte tramite sequenze di mosse diverse) oppure riconoscere immediatamente cosa "manca" alla posizione, riconoscere cioè quelle simili con la consapevolezza di sapere cosa fare per raggiungere quelle note.

Infatti è sul capire i piani che vi è l'effetto per me più stupefacente. Come detto infatti temevo di imparare le mosse a "pappagallo" ritrovandomi poi, una volta fuori dalla teoria studiata, senza sapere cosa fare.
Ma come faccio a memorizzare la mossa corretta per ogni specifica posizione? Chiaramente ho bisogno di ausili mnemonici e allora osservo con attenzione la posizione. Dopo un po' inizio a notare le differenze e viene naturale chiedersi perché a seconda di queste corrispondono mosse diverse. E così, da solo, inizio a comprendere la logica delle singole mosse, perché giocarne una oppure un'altra. Diciamo che non è la stessa cosa che comprendere i piani a lungo termine ma piuttosto al breve termine: eppure questi piccoli dettagli mi permettono di capire meglio la posizione così che, anche in posizioni simili e che in teoria non ho studiato, ho buone idee su possibili continuazioni.
Per adesso mi è capitato di giocare poche partite da quando sto studiando le aperture ma in un paio, dove ho potuto sfruttare queste nuove conoscenze, anche le prime mosse fuori dalla (mia) teoria sono state ottime.
Tutti discorsi che avevo sentito fare ai commentatori delle partite fra campioni, comunque a loro volta fortissimi giocatori, ma che mi sembravano totalmente fuori dalla mia portata. Tipo: "vedete qui? l'alfiere è in d3 e non in e2 e quindi XXX invece che YYY!". Ora, mel mio piccolissimo delle poche linee studiate, faccio anch'io gli stessi ragionamenti: se l'alfiere è in c4 posso proteggere il pedone e4 giocando Tae1 ma se è in e2 allora devo giocare f3 (il primo esempio vero che mi è venuto in mente ma potrei farne innumerevoli altri).

Non solo: sono tentato di osare dire che non solo sto capendo meglio le specifiche aperture che sto studiando ma anche la mia comprensione generale degli scacchi sta migliorando. Mi rendo conto che il mio occhio sta abituandosi a notare dettagli che prima non avrei preso in considerazione e, spero, piano piano di riuscire a integrare nel mio gioco queste nuove conoscenze. Vedremo... soprattutto se continuo ad allenarmi... Ma devo dire che, mentre studiare la tattica è per me faticoso e stressante (avere un punteggio da difendere è sia utile per aumentare l'impegno ma provoca rabbia e delusione quando lo si perde), lo studio delle aperture su ChessTempo lo trovo divertente e stimolante.
Poi sfortunatamente, data la mia età, ho un po' la coperta corta: ieri (mi sembra) ho giocato con un tizio in linea e sono uscito alla grande dall'apertura ricordandomi perfettamente le prime 10 mosse e giocando ottimamente le successive 4 o 5, però poi, raggiunta una posizione vincente ho sprecato tutto con una svista clamorosa. Ecco cosa mi succede a dedicarmi alle aperture e a lasciare appena un po' indietro gli esercizi di tattica...

Ancora poi devo finire di impararer le linee che ho inserito nel programma (anche perché ho aggiunto a più riprese nuove posizioni) e, per esempio, in una partita mi sono confuso e ho giocato una mossa che non c'entrava niente (perché appartenente alla cerchia sempre più ristretta di quelle suggerite dal calcolatore ma di cui mi sfugge ancora la logica e che quindi conosco a "pappagallo") ma già adesso sono al 95% e gli errori più frequenti sono mosse equivalenti che magari ho invertito fra loro...

Conclusione: io sto migliorando, o meglio, sto tornando in forma ma il dodicenne mi sembra che migliori più di me! Temo che, nonostante i miei sforzi, fra due massimo tre mesi inizierà a battermi con regolarità: comunque sarebbe una piccola soddisfazione averlo aiutato nella sua crescita di scacchista. Se ne avrò la possibilità voglio provare ad andare a un circolo di scacchi per fare qualche partita dal vivo: anche solo per curiosità.

martedì 23 aprile 2024

14. Un bavaglio saporito

14. Un bavaglio saporito

Premetto subito che questa puntata è uno di quei famosi gradini che non tutti i lettori di questo romanzo vorranno salire. Come spiegai a suo tempo ho cercato di dare al romanzo una sorta di crescendo perverso che non tutti, sebbene sia un'opera di fantasia paradossale, saranno disposti a seguire: semplicemente non lo troveranno divertente nè tantomeno erotico. Che dire? Sì, fate bene a non proseguire oltre la lettura: questo racconto vuole solo divertire e non ha nulla di più profondo da insegnare o da dire quindi, se vi accorgete che non vi piace più, fate bene a interromperne immediatamente la lettura.

Comunque passando alla trama....

La scena continua in casa Buzzurro e si svela l'identità del personaggio che piomba improvvisamente nella camera di Baccabriciola. A dire il vero ci sono anche un paio di salti alla sala riunioni dello SHITS ma sono troppo brevi per farci dei pezzi appositi...

Se qualcuno avesse avuto dubbi sulla natura del rapporto fra Baccabriciola e il suo confessore, del resto i pensieri della ragazza sembrano alquanto confusi anche riguardo il sacerdote e il suo ruolo di guida, qui vengono sciolti.

Il salto nella sala riunione dello SHITS mi pare piuttosto divertente. Carino il riferimento ai vaccini (dovrebbe essere il secondo e di sicuro non è l'ultimo). Non anticipo niente per non sciupare le battute: diciamo solo che il colonnello crede a vampiri e lupi mannari mentre i no-vax no...

Mi chiedo se si capisca il riferimento sall'acqua santa usata da don Luke per purificare Baccabriciola.

Il finale incorpora il famoso gradino di cui ho scritto nella premessa: si mostrano poi altre caratteristiche di Strabuccinator T-799+ che non erano forse state sufficientemente approfondite: in particolare Strabuccinator non è solo una fabbrica ambulante di droghe chimiche ma è anche resistente alle ferite e fortissimo!

lunedì 22 aprile 2024

Il QG

In questo commento del solito UUiC si accenna a una "cultura" elitaria i cui depositari si considerano moralmente superiori al resto della popolazione.

Nella mia Epitome ho un capitolo dove ipotizzo la possibile esistenza di un'oligarchia globale che influenzi pesantemente i governi occidentali: in uno dei sottocapitoli ([E] 23.5, "Obiettivi, volontà e capacità") ne desumo alcune ipotetiche caratteristiche. La mia conclusione è che i membri di tale oligarchia sopravvalutino le proprie capacità ovvero che si considerino molto più intelligenti e capaci di quanto in realtà non siano. Che nascondino poi la loro arroganza e avidità dietro il facile paravento del sapere cosa sia meglio per l'umanità e, di conseguenza, guidandola paternalisticamente, talvolta con le buone e sempre più spesso con le cattive, verso comportamenti o strutture sociali che ritengono migliori.
In verità credo che UUiC avesse in mente un gruppo sociale diverso nel suo commento: non (o non solo) i pochissimi che nella mia ipotesi controllano il mondo occidentale ma tutta quell'ampia fascia sociale, forse maggioritaria, che è da questi condizionata e acquiesciente. Non importa: l'importante è aver notato il senso di superiorità.

Ieri nel pezzo Buone persone, cattive leggi ho presentato un'intervista a un ex giornalista, ora attivista, australiano. Nella seconda parte del video accenna al fatto che secondo lui i potenti del mondo non hanno cospirato insieme ma, per varie ragioni, hanno avuto dei comportamenti analoghi: la loro caratteristica comune è quella di sentirsi superiori al resto della popolazione e di sapere quindi, meglio dei propri simili, cosa sia il bene per l'umanità. Agiscono male credendo, o illudendosi, di realizzare un bene superiore.
Un'altra variante della solita zolfa.

Ecco un frammento del sottocapitolo [E] 23.5:
"Le capacità: trovo la teoria della stupidità di Cipolla molto verosimile e, in particolare, sospetto che l’intelligenza media dei membri dell’oligarchia globale, a parte pochi elementi, sarebbe sostanzialmente nella media o poco più. Temo quindi che queste persone sopravvaluterebbero fortemente le proprie capacità e che non si renderebbero conto di essere vittima della miopia data dalla loro ricchezza. Anzi il denaro di cui abbondano gli farebbe probabilmente credere di essere migliori, e non semplicemente più fortunati, di chi ha solo le briciole.
Questo farebbe sì che le loro eventuali decisioni, anche se fossero in buona fede e magari ispirate da un paternalistico desiderio di “guidare” l’umanità, difficilmente sarebbero particolarmente buone. Non solo quindi le loro decisioni su come influenzare la società sarebbero illegittime e immorali ma, molto probabilmente, pure sbagliate e non in grado di raggiungere gli scopi prefissi."

Riassumiamo:
KGB: fascia di popolazione stretta, coordinata, con hybris.
Australiano: fascia di popolazione stretta, non coordinata, con hybris.
UUiC: fascia di popolazione larga, con hybris.

Ma a cosa è dovuto questo hybris? Cosa determina la loro sensazione di superiorità? Sì, sicuramente la ricchezza dell'oligarchia ne potrebbe offuscare l'obiettività: per essi diviene facile confondere la fortuna col merito. Ma non credo che questo spieghi tutto.
Ecco che qui entra in gioco quello che ho chiamato il QG, ovvero il "Quoziente Geopolitico"! Il nome è decisamente improvvisato e, probabilmente, non completamente corretto: quello che intendo con QG è la comprensione di "come va il mondo". Chi comanda veramente, come funziona la politica, quali sono gli interessi in gioco, le tendenze sociali, chi spinge verso cosa e perché etc.
Conoscenze condivise dall'ipotetica oligarchia, che io nella mia terminologia chiamerei epomiti locali ([E] 6.3), che le danno una comprensione del mondo molto diversa da quella dell'uomo comune che, al contrario di questi, vive nella sicurezza di multiple illusioni o miti: la democrazia, il potere del popolo, il governo che fa gli interessi della popolazione, talvolta nazionalismo, fanatismo religioso e non, il cui scopo è quello di offuscare l'obiettività e la razionalità della gente comune.

Questi epomiti locali, combinati con altri elementi (come la ricchezza, le esperienze educative comuni), possono essere sufficientemente forti per dare al gruppo una propria identità. Possono cioè diventare dei tautomiti ([E] 3.1) che sono lo scheletro su cui sarebbe costruita la microsocietà ([E] 22.1 e 23.6) dell'oligarchia globale.

Se consideriamo infatti questo ipotetico QG vediamo che l'intelligenza e l'istruzione sono fondamentalmente irrilevanti e che sell'uomo comune ha un QG di 100 allora il membro dell'oligarchia globale avrebbe un 200 o 300: ecco quindi perché, considerandosi inconsapevolmente col metro del QG, i membri dell'oligarchia si sentirebbero così superiori all'uomo comune.

Conclusione: PUBBLICITA' La semplice lettura della mia Epitome porta il QG ha i massimi livelli possibili!

domenica 21 aprile 2024

Buone persone, cattive leggi

Come al solito avrei da scrivere su diversi argomenti:
1. Jung e Strabuccinator: una strana relazione che solo io, probabilmento, vi vedo.
2. Un aggiornamento su Rawls: sto andando avanti ma...
3. Sono quasi di un capitolo in ritardo su Hobsbawm: non particolarmente interessante ma comunque valido.
4. Libri minori, per esempio, "Gods of Pagania"... magari ci scriverò un corto se ne avrò voglia.

Invece oggi voglio scrivereun pezzo impegnativo e relativamente faticoso: voglio commentare dettagliatamente un video che avevo iniziato a vedere pochi giorni fa. Lo ascoltavo mentre facevo altro, senza troppe aspettative, ma poi mi sono accorto che era invece molto interessante. Siccome si parla anche di concetti che non conosco penso che mi sarà utile scriverne per riuscire a memorizzarli e farli miei.

Il video in questione è: Good people
E' un'intervista del Dr. Campbell a un tizio australiano che non avevo mai visto prima: l'aspetto palestrato non mi ispirava molto ma, come detto, ascoltandolo ho rapidamente cambiato opinione.

Il tizio ha scritto un libro intitolato "Good people break bad laws": la premessa mi attira molto. Siamo infatti tutti d'accordo nel giudicare meritevole, se non eroico, che durante la seconda guerra mondiale non rispettava le leggi discriminatorie; in generale chi, insomma, non si lasciò trasportare dalla follia del proprio tempo contrariamente alla maggioranza coeva. E' un caso del paradosso dell'epoca ([E] 6): è facile giudicare il passato dalla prospettiva del presente ma ci riesce quasi impossibile distaccarci sufficientemente dal presente per riuscire a giudicarlo oggettivamente.
L'autore presenta quindi dei criteri utili a stabilire se e quando sia giusto infrangere delle leggi ritenute errate. Inutile dire che il suo approccio ricorda molto quello di Rawls sullo stesso argomento (v. Disobbedienza civile) ma va al concreto ed è decisamente pratico.
Come riconoscere una legge cattiva:
1. Verifica utilitaristica.
E
2. Verifica dei principi.
Entrambe devono essere verificate affincé sia moralmente corretto infrangere tale legge.
Il punto 1 equivale a chiedersi: "Obbedire a tale legge è più dannoso che disobbedirgli?"
Il punto 2 equivale a chiedersi: "Il governo aveva l'autorità per imporre tale legge?"

Il punto 1, nonostante la sua vaghezza e indeterminazione, è comunque piuttosto chiaro nel suo senso generico: l'utilitarismo ricerca il massimo bene per il maggior numero di persone, se una legge non raggiunge tale scopo allora è sbagliata dal punto di vista utilitaristico.
Il punto 2 è invece più interessante. Un governo non è libero di fare quello che vuole: le sue leggi devono rispettare la costituzione. Ma più in generale devono, o meglio dovrbbero, rispettare la legge naturale. Il governo politico, qualunque sia la sua forma, deve rendere conto alla popolazione delle proprie decisioni. Vari meccanismi dovrebbero garantirlo ma nel mondo moderno (come anch'io insisto nella mia Epitome) si osserva che sempre più spesso questi falliscono.
L'autore, che evidentemente non è un filosofo (verificherò) molto formale, afferma quindi che ci deve essere un punto oltre il quale il potere politico non può andare e, se lo fa, il cittadino ha non il diritto ma il dovere di disobbedire.
Questo confine lo pone quando il governo non ha motivi valdi e certi che giustifichino l'imposizione di una certa legge: molto più elegantemente Rawls affermava che i motivi per limitare le libertà personali devono essere certi e non ipotesi. Ma il concetto mi pare sia lo stesso.

L'autore racconta poi la sua esperienza in Australia dove si oppose alla quarantena quando divenne chiaro che sia il punto 1 che il 2 non erano soddisfatti. Oltretutto va ricordato che all'epoca della quarantena durissima in Australia non si erano ancora registrati casi di COVID-19!

In Australia, ma mi pare che lo stesso si sia verificato nel resto dell'occidente, vi fu un conflitto fra gli esperti del governo e gli esperti indipendenti (spesso proprio per questo censurati). Per l'autore proprio l'essere esperti del governo indica che devono aver superato un'approvazione politica che, almeno in parte, li rende subordinata agli interessi (politici) che rappresentano. Gli interessi di un politico sono quelli di ottenere sempre maggior visibilità e credibilità presso gli elettori: e a questo scopo ultimo gli esperti del governo si devono piegare.

Fin qui niente di straordinariamente nuovo ma per spiegare il rapporto fra esperti e politici l'autore introduce un concetto molto interessante: il "riflesso del fare qualcosa" che, credo, prima o poi e non so in quale forma finirà nella mie Epitome!
Quando si presenta un problema riconosciuto dai media e dall'opinione pubblica al politico conviene sempre intervenire facendo qualcosa, al contrario aspettare l'evolvere della situazione può essere politicamente pericoloso.
Vediamo perché: se il politico interviene e poi il problema non era realmente tale potrà dire che è stato così grazie al suo intervento; se invece il problema si rivela essere serio allora potrà dire che sarebbe stato ancora peggio se non fosse intervenuto. Al contrario se il politico decide di aspettare e il problema si sgonfia da solo nessuno gli darà il merito di non aver preso decisioni affrettate; ancora peggio se il problema si dimostra essere davvero grave visto che potrebbe segnare la fine del politico che non ha fatto niente per prevenire il disastro.
In altre parole se il politico si attiva per risolvere un problema ci sarà sempre una narrativa, indipendentemente dalla bontà delle sue decisioni, che o lo scagiona o addirittura lo premia.
Ecco, in questo contesto, il ruolo degli esperti del governo è quello di corroborare la narrativa secondo la quale le decisioni prese dal politico sono state le migliori possibili: se vi è stato un disastro queste avranno evitato un disastro maggiori e, se tutto si è risolto bene allora è stato merito del politico.
Questo è il compito degli esperti e, per raggiungerlo, piegheranno risultati scientifici e zittiranno chi la pensa diversamente.

E questi sono i primi 19 minuti del video: più o meno dove ero arrivato pochi giorni fa!
Siccome ho già scritto abbastanza mi interrompo qui ma voglio scoprire cosa aggiunge nella rimanente ora buona di intervista!

Conclusione: Quando? Bo... con il portatile mi trovo malissimo a scrivere e, come se non bastasse, avrei da scrivre su tanti altri argomenti, Probabilmente concluderò l'ascolto facendo altro e giudicherò così se vale la pena scriverci sopra un altro pezzo.