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domenica 6 agosto 2017

Rfilessioni su un errore

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è necessaria la lettura della mia Epitome (V. 0.3.0). In particolare i capitoli: 1, 2, 3, 4 e 11.

In questi giorni ho iniziato una nuova revisione (la 0.3.1) della mia epitome. Prevedibilmente ho fatto molte piccole modifiche al primo capitolo, riscritto quasi interamente per la versione 0.3.0, mentre per il secondo, che ho appena finito di riguardare, non ho trovato quasi niente.

Mi sono però soffermato su quello che fu l'unico (per adesso!) errore della mia epitome, corretto già nella beta 2 (v. 0.0.7). Inizialmente la mia correzione, probabilmente per motivi inconsci, era stata blanda mentre adesso l'ho resa più netta.
Si era trattato di un errore derivato non tanto da una mia errata valutazione quanto da una mancanza di approfondimento: non avevo cioè scritto che A era B quanto piuttosto non avevo considerato un caso C, insomma essenzialmente era un'omissione. Però era comunque un errore che reputo piuttosto grave.

Vediamo più nel dettaglio di cosa si trattava (idealmente il lettore dovrebbe rileggere il passaggio relativo dell'epitome ma proverò a riassumere brevemente). Nel capitolo 2.4 è presente una tabella in cui illustro l'origine e lo scopo (forse sarebbe stato più chiaro fare due tabelle separate?) di semplificazioni, distorsioni e protomiti.
L'origine in pratica coincide con i ruoli/gruppi ([E] 3.1) che però non nomino direttamente perché li introdurrò solo nel capitolo successivo.
Lo scopo invece può essere utile o fuorviante ([E] 2.4).

Nella mia prima stesura non avevo previsto che un gruppo ristretto (che possiamo leggere come “parapotere”) potesse creare delle distorsioni in genere e, soprattutto, fuorvianti.
Il motivo è che semplicemente mi limitavo a pensare all'antichità dove le distorsioni (ovvero delle semplificazioni molto rozze della realtà) si diffondevano esclusivamente dal basso come voci e idee popolari.

Successivamente (v. la beta 2) mi ero reso conto che ciò che era sempre stato valido in passato non lo è più nel mondo moderno.
Grazie alla tecnologia (a partire dai quotidiani ma soprattutto radio, tivvù e adesso, in misura leggermente minore, con la rete Internet) ora i parapoteri possono diffondere distorsioni fuorvianti nella popolazione.

A questa conclusione ero giunto nel gennaio del 2017: oggi cosa ho di nuovo di aggiungere a tale considerazione?
Beh, mi sono reso conto che la portata delle implicazioni è ciclopica.

Adesso ogni parapotere economico può, spendendo una certa quantità di denaro, diffondere qualsiasi distorsione (spesso fuorviante) sui propri prodotti/servizi grazie alla pubblicità. Ma questo è l'aspetto più innocuo di questa nuova possibilità.
La novità rivoluzionaria è che i parapoteri, in questo caso non tramite la pubblicità ma grazie al controllo dei diversi media, possono introdurre facilmente delle distorsioni politiche con cui legittimare il proprio potere o particolari decisioni: in altre parole il potere può condizionare fortemente l'opinione pubblica.

Detta così sembra la scoperta dell'acqua calda!
Però se consideriamo questa realtà da un punto di vista storico le implicazioni sono notevoli: il controllo psicologico (ovvero tramite la manipolazione della realtà percepita) che il potere (parapoteri) ha sul popolo (democratastenia) è enormemente maggiore che in passato.

Ancora devo digerire bene le implicazioni di questa nuova consapevolezza ma una conseguenza molto importante è sicuramente il maggior controllo sugli epomiti e la maggiore forza (e quindi stabilità) degli equimiti. Il problema di questa maggiore stabilità è che aumenta sensibilmente lo spazio per la degenerazione del potere: la società (democratastenia) infatti è come anestetizzata. Il controllo dell'informazione permette di trasmettere distorsioni che distraggono l'opinione pubblica, forniscono visioni parziali quando non false della realtà (protomiti fuorvianti), rafforzano convinzioni errate ma funzionali al sistema di potere (equimiti), esaltano il potere (per rafforzare l'aspetto psicologico dell'obbedienza al potere ([E] 1.3)) e l'approvazione dello stesso (per rafforzarne l'imitazione ([E] 1.3)).
In questa maniera la democratastenia ([E] 4.4) non si rende conto di ciò che realmente accade e, di conseguenza, non si attiva per contrastare le tendenze politiche anche se queste sono potenzialmente perniciose per il suo potere (ovvero diminuzione di ricchezza e libertà).
La reazione si ha solo quando si arriva al punto di rottura che per il singolo equivale al rendersi conto di stare effettivamente peggio (meno soldi in tasca) di quanto non stesse prima: questa reazione porta all'astensionismo e alle due forme di populismo, quello effettivo e quello apparente ([E] 11).

Ho la sensazione, ma ancora non ne sono sicuro, che complessivamente questo porti la società a una maggiore tensione sociale che rimane dormiente perché mascherata dalla disinformazione dei media. Questo irrigidimento degli equimiti porta a mio avviso a due conseguenza: 1. una loro maggiore resistenza al cambiamento se sopravvivono alle tensioni; 2. la loro implosione se invece cedono di colpo.
Non mi pare di aver ancora osservato nel mondo moderno (intendo negli ultimi 20 anni) fenomeni del secondo tipo: andando indietro nel tempo credo che il crollo del comunismo nell'URSS (dopotutto il controllo dei media era totale) possa essere un esempio di questa “implosione” improvvisa degli equimiti che tengono insieme la società.

Prima di concludere voglio ribadire una riflessione che, “in salse diverse”, ho già fatto molte altre volte: i parapoteri possono controllare facilmente i media tradizionali (giornali, radio e tivvù) e possono comprarsi l'appoggio degli intellettuali anche semplicemente dando a quelli più funzionali al sistema maggiore visibilità (di nuovo sfruttando giornali, radio e tivvù). L'unico mezzo sul quale, per la sua natura, il controllo non è totale è la rete Internet dove chiunque, con un piccolissimo investimento, può far sentire la propria voce potenzialmente a un numero altissimo di persone.
È quindi ovvio che i parapoteri si oppongono a questo estremo palladio della libertà (che, ricordiamolo, v. [E] 4.1, è l'altra dimensione del potere insieme al denaro) e con motivazioni speciose, come il contrasto alle “bufale”, cerchino di limitare le possibilità di espressione.

Conclusione 1: lo sapete quale dovrebbe essere la maggior preoccupazione della democratastenia? La libertà d'espressione. Senza di essa non sarebbe ad esempio possibile alle voci fuori dal coro (vedi ad esempio le teorie economiche di Bagnai su Goofynomics) informare la popolazione. E una popolazione non informata, anche se infuriata, è impotente perché al massimo potrà sbattere la testa sul muro dell'indifferenza.
Conclusione 2: beh, mi pare quasi obbligatorio: dovrò aggiungere un capitolo sull'informazione alla mia epitome.

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