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domenica 7 febbraio 2016

Simulazione 1: Amalia V. 1.00b (parte 2)

Prima che me ne dimentichi completamente provo a scrivere la seconda parte della prima simulazione con Amalia V. 1.00b

Siamo nella mia macchina perché mi sono offerto di riaccompagnarla a casa: tiro un sospiro di sollievo quando scopro che non abita molto lontano. Una volta preso l'impegno l'avrei accompagnata fin dove necessario ma francamente non avevo molto voglia di guidare a lungo.
Improvvisamente mi sento in imbarazzo: di solito non ci penso ma la mia macchina è davvero malridotta! Dall'esterno non si nota perché, guidando con estrema prudenza, non ha nemmeno un graffio ma all'interno non è mai stata ripulita negli ultimi dieci anni, ovvero da quando l'ho comprata! Amalia finge di non farci caso e mentre mi parla guarda distrattamente dal finestrino.
Mi spiega dove abita: lungo la strada principale, poco distante da dove si immette la mia via sterrata, c'è un paesino. In verità quattro case e una chiesa però, se ho ben capito, proseguendo lungo la viuzza che sale alla chiesa si raggiungono varie case inerpicate sul fianco della collina.
Ho un nuovo piano: le chiederò se mi può far usare il bagno. Non ho infatti ancora abbandonato il sospetto che ella sia una ladra venuta a studiare la mia abitazione: voglio quindi essere sicuro che la casa dove la sto accompagnando sia veramente casa sua e, per esserlo, non mi basta lasciarla sulla soglia mentre lei mi fa ciao con la manina: voglio che mi ci faccia entrare.
Durante il tragitto iniziamo a parlare di fantascienza: con piacere scopro che anche lei è un'appassionata. O forse ha solo notato la mia collezione nella libreria dietro al televisore?
La interrogo sui suoi gusti ma mi cita autori che non conosco: mi pare positivo... almeno che non si stia inventando tutto sul momento. In tal caso avrebbe però una notevole fantasia e capacità d'improvvisazione...
Ci infervoriamo su argomenti diversi (io cerco di demolire la trasposizione cinematografica del Signore degli Anelli mentre lei continua a fare esempi di come i libri di George Martin siano superiori alla serie televisiva) e per un po' continuiamo a parlare senza ascoltarci veramente: quando me ne accorgo glielo faccio notare e ci mettiamo a ridere. Per un attimo mi sento veramente a mio agio con lei dimenticandomi tutti i dubbi e le perplessità.
Siamo già arrivati al paesino e, a velocità lumaca, imbocco la stradina che non conosco per niente e che sale portando alla chiesetta. A ogni cancello le chiedo se è quello giusto e lei, pazientemente, mi ripete che è più avanti. Con mia sorpresa facciamo almeno un 5 Km. Arriviamo a un grande cancello di ferro in mezzo a siepi altissime e folte: per una volta non le chiedo nulla ed è lei a fermarmi all'ultimo momento. Improvvisamente ricordo il mio “piano” ma, come al solito, adesso mi pare stupido: chiederle di usare il bagno mi sembra ora un po' volgare e pretestuoso visto che, guidando veloce, in dieci minuti potrei essere di nuovo a casa. Esito cercando qualche idea migliore ma è lei che mi toglie dall'imbarazzo chiedendomi se voglio assaggiare un suo tè al cioccolato e menta comprato in Inghilterra. Accetto subito: ripensandoci un po' troppo velocemente e con un po' troppo entusiasmo. Com'è possibile che una persona intelligente come me si senta così spesso stupida?
Amalia armeggia nella borsetta, prende un aggeggino di plastica e preme un tasto colorato, il cancello si apre lentamente svelando un ampio giardino ben curato. Imbocco la strada coperta di ghiaia chiedendomi quante persone ci abitino: ma mi tengo la domanda per me, tanto fra poco lo scoprirò comunque.
La stradina è più lunga del previsto: almeno un altro chilometro e mezzo mentre giriamo intorno al colle: il panorama è bellissimo, e solo tardo pomeriggio ma il sole è già basso e una foschia arancione avvolge le balze sotto di noi...
Le dico che è molto bello ma lei si limita ad annuire. Finalmente arriviamo a un palazzo enorme: non una vecchia casa colonica restaurata ma una vera e propria antica villa di campagna.
Le chiedo dove posso parcheggiare per non lasciare la macchina davanti alla porta d'ingresso e lei mi risponde: “Va bene anche qui, oggi sono sola...”
Probabilmente rimango a bocca aperta ma lei non se ne accorge perché è già scesa.
Rapido la seguo per verificare se apre il portone con la chiave. Sì e no: non ha una chiave ma una tessera con un chip che inserisce in una fessura per poi spippolare su vari congegni elettronici...

[Come temevo la “sintesi” della simulazione ha preso troppo tempo: sono passati oltre due giorni e ancora non l'ho completata. Il problema è che ormai non ricordo più distintamente i vari dettagli. Nella prima parte era ancora tutto vivido nella mia memoria ma già nella seconda (quella qui sopra) mi sono trovato con dei buchi da riempire...
Per questo la rimanente sintesi sarà particolarmente schematica. Per il futuro vedrò di fare simulazioni più brevi in maniera da poterle riassumere rapidamente.]

La casa è enorme e arredata con eleganza: è una sintesi fra moderno e antico dove il primo è funzionale al secondo. Vecchi mobili ma con le comodità moderne ben integrate a essi, nascoste e non invadenti. Davvero tante belle stanze ricche e sofisticate.
E io sono sempre più perplesso: da una parte è evidente che Amalia ne è la proprietaria o, comunque, ha almeno pieno diritto ad accedervi. Nonostante tutto il mio scetticismo iniziale adesso mi è chiaro che lei non sia una ladra: sicuramente con quello che potrebbe rubarmi non si rifarebbe neppure l'attaccapanni.
Eppure questo rende gli eventi della giornata ancora più improbabili. Ci sono delle incogruenze che non afferro completamente: ma in questo momento non riesco a pensarci perché gran parte della mia attenzione è rivolta verso la mia ospite. Mi ha condotto in un grande salotto con ampie vetrate su un lato che danno sul parco e sul distante panorama sotto di noi; sull'altro lato c'è un grosso camino attorniato da un divano semicircolare e da un paio di poltrone; nell'ombra alle estremità si intravedono delle alte librerie e armadietti che espongono porcellane, grandi piatti e altre costose (suppongo) chincaglierie. La luce è soffusa e proviene da varie lampade schermate agli angoli della sala; Amalia mi precede raggiungendo velocemente il camino e, evidentemente azionando dei comandi nascosti, lo accende all'istante. Incuriosito mi avvicino per guardare meglio: sembra un genuino fuoco fatto con legna scoppiettante e braci ardenti... Mi chiedo come sia stato accesso: che ci sia un piccolo "lanciafiamme" nascosto con lo scopo di innescare il fuoco?
Mi volto verso Amalia per chiederle spiegazioni ma lei si è seduta sul divano ed è impegnata a togliersi gli stivali: la sua gamba sinistra, ripiegata per permetterle di far presa sul calzare, ha sollevato la gonna. Imbarazzato mi giro di scatto: non che si vedesse qualcosa (sapete cosa intendo) perché sotto la gonna indossa delle calze verde pesanti (immagino abbiano un nome ben preciso ma non lo conosco) ma la linea della coscia affusolata si è comunque impressa nella mia mente. Facendo finta di niente mi dirigo nelle zone d'ombra, dando le spalle al camino e ad Amalia, e cerco di leggere i titoli su una delle librerie. Si tratta di libri antichi e i titoli, in svolazzanti caratteri dorati, sono difficili da leggere a causa della scarsa luce. La voce di Amalia alle mie spalle mi spiega che effettivamente si tratta di volumi di antiquariato e che la sua “vera” libreria è in un'altra stanza. Senza pensarci mi giro per chiederle di che libri si tratta e mi accorgo che lei è alle mie spalle: sono confuso perché solo un attimo prima la sua voce mi sembrava provenire dal divano a diversi metri di distanza.
Deve essere molto veloce e silenziosa mentre il mio udito va sempre più peggiorando. Le guardo i piedi: è scalza. Lei ha seguito il mio sguardo e mi spiega che il pavimento è riscaldato. Mi guardo intorno e in effetti non vedo nessun calorifero...
C'è un breve silenzio e io, tanto per cambiare, sono di nuovo imbarazzato. Comunque il motivo è diverso: per la prima volta mi rendo conto che Amalia è veramente bellissima. Anche sforzandomi, nonostante tutta la mia fantasia, non sarei mai riuscito a immaginarmi una donna più bella. Mi sono reso conto che mi piace e mi attrae come fosse un morbido magnete: fin qui tutto normale, credo. L'imbarazzo è dovuto al fatto che fino a poco tempo prima avevo tenuto le distanze da lei a causa dei miei dubbi sul suo comportamento e le sue reali intenzioni: adesso temo che, se mi lascio andare e mi prendo qualche confidenza, lei possa pensare che lo faccio perché ho scoperto quanto sia benestante anzi, diciamolo pure, molto ricca. Ma del resto non posso neppure dirle che adesso mi sento più a mio agio con lei perché mi sono convinto che non sia una ladra! Farei la figura dello stupido... anche se, probabilmente, sospetta già che io lo sia... Ma perché darle la conferma? E intanto la guardo incerto, senza parole, mentre lei mi sorride con gli occhi che sfavillano e sembrano divenire sempre più grandi, sempre più vicini... mi sembra quasi di percepire il calore del suo alito sulle mie labbra. Il fuoco dà uno scoppio fragoroso e io mi riscuoto: devo dirle qualcosa... mi ricordo della sua “vera” libreria... un'idea si forma nella mia mente e, senza rifletterci troppo, le chiedo “Me la fai vedere per favore?”
Mi rendo conto della mia involontaria ambiguità perché Amalia inarca un sopracciglio evidentemente sorpresa. Mi affretto ad aggiungere, allarmato per l'involontario passo falso, “cioè... ehm... la tua libreria intendo!”. Temo che l'aver specificato abbia solo evidenziato maggiormente il mio errore: trattengo il fiato per non arrossire come un pomodoro. Immagino di aver una faccia particolarmente buffa. Amalia ridacchia e, avviandosi verso una porta, mi risponde solo “molto volentieri... seguimi!”. Lo dice con un'intonazione strana: mi chiedo se alluda a qualcosa di più... però le sue parole non mi danno motivo di pensarlo... ma il timbro della sua voce...
Il corridoio è buio, intuisco più che vedere la sua forma, ma non mi va di chiederle di accendere una luce se lei non ne sente il bisogno: ho già ampiamente superato la mia dose di imbranatura quotidiana e almeno, se sto zitto, non posso dirle sciocchezze.
Tendo il mio scarso udito per cercare di individuare i movimenti di Amalia e seguirla: ovviamente sto particolarmente attento a non tamponarla. Il corridoio gira di 90 gradi a destra e, da buio che era, diviene completamente oscuro. Faccio qualche altro passo, poi mi accorgo di non sentire più Amalia: allungo una mano protesa davanti a me per evitare collisioni, e procedo a passetti brevi brevi.
Nonostante le precauzioni il mio inguine finisce per colpire il retro di Amalia: niente di doloroso, anzi, uno scontro piacevolmente morbido ma la sensazione di essere ingannato, che lei si prenda gioco di me, mi irrita notevolmente. Immagino che lei si sia volutamente piegata in avanti o che, vista la forza dell'impatto, abbia perfino fatto un passo indietro. Così improvvisamente sbotto “Stai attenta!”.
Come se nulla fosse lei apre una porta e l'improvvisa luce quasi mi acceca. Amalia mi fa strada in una stanza con piastrelle bianche che sembra una biblioteca: librerie scure alte fino al soffitto pieni di libri, ognuna con con una scale di legno incernierate a una sbarra metallica così da poter raggiungere gli scaffali più alti.
La sorpresa è tale che già dimentico l'incidente di pochi momenti prima: dopotutto Amalia ha un'espressione contrita e pare obliosa dell'accaduto. Mi chiedo cosa stia pensando dietro quegli occhi che mi squadrano serafici...
Poi mi dice “Vieni ti faccio vedere...”. Me la immagino già che si arrampica su una delle scale per mostrarmi dall'alto le gambe lunghe e nude e ciò che normalmente sta nascosto sotto la gonna: ma stavolta sono pronto a non farmi cogliere di sorpresa.
Invece no: mi guida solo al “reparto” fantascienza e mi indica la sua collezione completa, COMPLETA, di romanzi serie Oro (e negli scaffali superiori la serie Argento).
Sono sciocco, questo è già evidente, ma adesso forse raggiungo un nuovo vertice, o baratro, di stupidità: addirittura mi commuovo! Stavolta sono io che come un bambino faccio scorrere la mano sul dorso dorato dei libri come per accertarmi che siano reali. Io che sono così orgoglioso della mia collezione mi stupisco a riconoscere i titoli che mi sono noti e cari smarriti nella gran quantità. Mi giro a bocca aperta verso di lei che sorride compiaciuta: per un momento l'invidio, questa collezione di fantascienza mi ha colpito più di tutte le ricchezze della villa...
Parliamo per un po' di romanzi e autori di fantascienza: abbiamo gusti un po' diversi ma fortunatamente anche lei non apprezza troppo Asimov mentre invece stravede per Herbert. Ovviamente sono stato attento a farle esprimere il suo parere prima di dirle il mio. Sono abbastanza sicuro che non abbia potuto cercare di compiacermi. Ho anche notato che mentre parlava mi guardava con quell'espressione guardinga, attenta a eventuali passi falsi, tipica dello studente interrogato da un professore severo. Ne concludo con piacere che evidentemente ella tenga alla mia approvazione.
Praticamente insieme ci ricordiamo del tè al cioccolato e menta che mi aveva promesso: usciamo da un'altra porta e stavolta il nuovo corridoio è ben illuminato. Ai lati ci sono quadri antichi ma stavolta mi godo la visione di Amelia che cammina davanti a me a testa alta: ha un passo elastico ed energico... e ha veramente un bel corpo...
La cucina è grande e moderna e io esamino tutto con approvazione: solo il fornello elettrico (a induzione mi spiega) mi lascia perplesso. Ho la sensazione che senza vedere la fiamma sia più difficile valutare i tempi di cottura: ma forse è solo questione di allenamento...
La precedente chiacchierata mi ha messo a mio agio ma adesso sto di nuovo scivolando in un umore contemplativo: guardo affascinato la faccia di Amalia mentre mi racconta degli aneddoti universitari. Fa smorfie buffe, cambia voce e gesticola molto per dare enfasi al racconto.
Ho un'intuizione: le chiedo se abbia studiato recitazione. Lei arrossisce e mi conferma di aver fatto un corso tenuto da S-non-ricordo (suppongo un insegnante famoso). Capisco che stava usando le tecniche apprese per impressionarmi: mi chiedo se gli episodi più stravaganti siano veri o se li abbia inventati... Comunque è molto brava e piacevole da ascoltare.
È una padrona di casa molto migliore di me e mi offre anche biscotti, tramezzini, succhi di frutta, toast...
Improvvisamente mi accorgo che sono già le 18:00 e, per somma sfortuna, io ho uno dei miei rari impegni. L'idea di fare tardi a un appuntamento mi è insopportabile e quindi prendo congedo da lei piuttosto bruscamente: lei appare sorpresa anche se, molto diplomaticamente, viene incontro ai miei desideri di partire in fretta e furia. Col senno di poi mi rendo conto che non le deve accadere spesso di essere messa così rapidamente da parte...
Finalmente in macchina, sulla via del ritorno, inizio a pensare più lucidamente: come se un incantesimo che mi offuscasse la mente si stesse sollevando. Il ritrovarmi nella familiarità del mio macinino mi fa dubitare che non sia stato tutto un sogno.
Di nuovo le attenzioni di Amalia mi appaiono sospette: ovviamente non è una ladra ma allora perché sembra che voglia fare colpo su di me? Puoi aspirare a molto, molto di più... l'intera situazione non ha senso. Ripercorro mentalmente il pomeriggio: dopo molte riflessioni mi rendo conto di due particolari che forse ai più sarebbero passati inosservati. La villa, nonostante la ricchezza e bellezza dell'arredamento, mi aveva dato una sensazione di freddezza: capisco che mancavano tutti quei particolari che danno una personalità a una casa. Mancava l'impronta dei suoi proprietari: non c'erano foto famigliari, non c'erano riviste o giornali, oggetti personali fuori posto. Anche la cucina, in genere un ambiente assolutamente informale, mancava di questi dettagli: non c'erano detersivi dmenticati sul lavandino, bottiglie ammezzate, scatole di biscotti già aperte... Nei miei ricordi tutto era nuovo e sigillato...
La seconda incongruenza è ancora più banale: Amalia dopo il tè mi aveva offerto praticamente di tutto ma non un caffè. Giustamente perché io non bevo mai caffè (altrimenti non dormo per tre giorni di fila) ma lei come faceva a saperlo? Sono sicuro che non ne avevamo parlato...
E poi cosa faceva al mio cancello? si era davvero ritrovata veramente lì per caso? Amalia non me l'aveva detto esplicitamente ma avevo avuto l'impressione che si fosse persa durante una passeggiata. Ma perché allora aspettare tre ore per farsi venire a prendere: avrebbe potuto tornare a casa a piedi in un'ora una volta rimessa nella direzione giusta... Magari era stanca? In realtà non lo sembrava: anzi è una ragazza con un fisico invidiabile... era più probabile che fosse in grado di tornarsene a casa di corsa piuttosto che fosse stanca...
Ovviamente per tutte queste stranezze c'erano delle spiegazioni logiche: un esercito di domestici (presenti solo al mattino) tenevano la casa in ordine perfetto; anche lei non beveva caffè...
Cerco di ricordare il volto di Amalia: la pienezza delle labbra, i denti aguzzi, la lingua che mi aveva mostrato durante una smorfia... ma più ci penso e più che la mia attenzione si concentra su una piccola voglia sulla sua guancia destra: una specie di “V” rovesciata, una sottile mezza luna con la concavità rivolta verso la bocca: un segno che accentuava e sottolineava il suo sorriso. Eppure quando ero a faccia a faccia con lei non ci avevo fatto caso: mi chiedo anzi se si tratti solo di una mia fantasia, di un falso ricordo. I suoi occhi invece li ricordo bene... era così facile perdersi in essi e dimenticare tutto il resto...
Nel frattempo sono arrivato a casa: quando vado a chiudere il cancello mi ricordo di aver notato Amalia chinarsi e disegnare qualcosa sul terreno. È già buio ma mi sembra di intravedere un simbolo tracciato nella ghiaia: non so perché ma impulsivamente lo cancello col piede.
Corro in casa dove aspetto una telefonata e noto la luna piena che sbuca fra le cime degli alberi: la sua luminosità splendente mi ricorda il volto di Amalia: mentre entro in casa sento il suo sguardo che mi scruta con attenzione...

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