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mercoledì 30 agosto 2017

323 AM

[E] Per la comprensione completa di questo pezzo è utile la lettura della mia Epitome (V. 0.3.1 "Aporia"). In particolare i capitoli: 2, 5, 6 e 7.

In questi giorni un po' convulsi sono comunque riuscito a leggere un libro storico: Alessandro Magno – La realtà e il mito di Claude Mossé, Ed. Mondolibri S.p.A., Milano, trad. Orietta Dora Cordovana (stranamente manca l'anno di pubblicazione che suppongo un po' successivo al 2003).

Si tratta di un libro di mio zio e, come tale, sicuramente interessante: non è la solita biografia incentrata sulla conquista dell'Asia e le grandi battaglie, piuttosto cerca di esaminare da più punti di vista la figura di Alessandro Magno e quale sia il significato del suo lascito nella storia: per questo motivo, coerentemente direi, finisce col descrivere come il personaggio di Alessandro fu vista nel tempo: nell'impero romano, nel medioevo, nella Francia del settecento-ottocento, fino ai giorni nostri.

Volutamente, siccome volevo rilassarmi, ho evitato di prendere appunti (ovvero note a margine) e per questo sarò meno preciso del solito: soprattutto perché non in grado di ritrovare i passaggi di interesse per citazioni o simili! L'idea è di riguardare i titoli dei vari capitoli ed eventualmente aggiungere ciò che mi ha colpito/interessato.
Premetto poi che Cluade Mossé è uno storico vero: questo significa che pone molte domande interessanti ma che evita di rispondervi perché non ci sono certezze. Per me è un po' frustrante perché preferisco una teoria incerta a una domanda senza risposta: però apprezzo anche l'onestà dello storico che si limita a riportare i fatti certi senza influenzare il lettore con le proprie supposizioni non dimostrate (*1).

Nella prima parte “Le grandi tappe del regno” l'autore ripercorre, partendo dalla Macedonia potenza egemone della Grecia, le conquiste di Alessandro fino alla morte nel 323. È inutile che le riassuma qui: chi è interessato può rinfrescarsi la memoria su Wikipedia...
Eppure la vastità delle sue conquiste è incredibile: nessun “occidentale” dopo di lui attraversò l'Indo per sottomettere un'importante regno indiano. Non solo superò i confini del suo mondo ma anche quelli del successivo! Vabbè... cercherò di contenere momentaneamente il mio entusiasmo...

La seconda parte è intitolata “Le diverse «figure» di Alessandro”.
Permettetemi di interpretare, qui e in seguito, le idee di Mossé alla visione del mondo descritta nella mia epitome: a mio avviso l'autore si rende conto che non è importante tanto l'essenza di una cosa (in questo caso della figura di Alessandro) quanto come questa venga vista dall'esterno (ovvero quali siano i protomiti ([E] 2) che la semplificano).
Alessandro anche dai suoi contemporanei era visto in maniera diversa a seconda della società da cui provenivano: spesso dimentichiamo che in passato le diverse culture erano molto meno omogenee di quanto non lo siano adesso e, di conseguenza, le differenze di prospettiva più significative.
Il primo capitolo è intitolato “Il re dei macedoni”. Greci e macedoni non sono infatti un gruppo omogeneo: i macedoni aspiravano a essere dei greci ma erano considerati tali solo in virtù del genio politico e militare di Filippo (il padre di Alessandro) ma per, ad esempio, ateniesi o spartani dovevano essere al massimo dei "cugini semi barbari"...
Sfortunatamente dei macedoni e delle loro istituzioni sappiamo pochissimo: sembra però che il re dei macedoni dovesse venire acclamato dall'esercito e che l'assemblea dello stesso avesse anche altre funzioni come, ad esempio, un rozzo potere giudiziario. In altre parole Alessandro non governava sui macedoni per semplice diritto di nascita ma perché l'esercito macedone l'aveva acclamato re: questo significa anche che senza il consenso dell'esercito (equimito) il suo potere sui macedoni perdeva la propria giustificazione teorica. Come vedremo, anche se le (poche) fonti storiche non sono unanimi, gli umori dei soldati macedoni dovettero essere determinanti in alcune scelte di Alessandro.
Il secondo capitolo è intitolato “L'«hegemón» dei greci”.
Come detto greci e macedoni erano gruppi sociali ben distinti: per i greci Alessandro era il capo (l'hegemón cioè) che doveva guidare un esercito congiunto per liberare le città greche dell'Asia minore (in pratica quelle sulla costa dell'attuale Turchia) che da tempo erano sotto l'orbita del potere persiano se non sotto il suo diretto controllo (v. anche Sparta e Atene 1/2 e 2/2 per la situazione del secolo precedente). Per questo motivo avevano contribuito con dei reparti militari, in realtà modesti, alla spedizione di Alessandro. Col successo di Alessandro (non solo l'Asia minore era stata liberata ma l'intero impero persiano annichilito) i greci ritirarono le proprie truppe che vennero però facilmente sostituite da truppe mercenarie (sempre greche) grazie all'oro persiano.
Rimase però importante come i compagni greci di Alessandro e, in misura minore le città greche, lo vedevano. Ovviamente per i greci il diritto di Alessandro a governare era ancora minore che per i macedoni: non per niente nello stesso anno (331) in cui Alessandro fondava Alessandria d'Egitto e vinceva la battaglia di Gaugamela una rivolta guidata dagli spartani fu sconfitta a Magalopoli da un esercito macedone comandato da un vecchio generale, compagno di Filippo, lasciato appositamente in patria da Alessandro per controllare la situazione.
Il terzo capitolo è intitolato “Il successore degli Achemenidi”. In poche parole Alessandro cercò di legittimarsi come successore di Dario III e mantenne l'organizzazione persiana, magari affiancandovi contingenti militari a guida macedone per evitare ribellioni. Anche in quest'ottica, come tante basi militari strategiche, si devono intendere le varie “Alessandrie” fondate da Alessandro per tutto il suo impero.
Voglio sottolineare che l'importanza dei protomiti con cui Alessandro era visto dalle genti che governava è fondamentale perché questi si vanno a sovrapporre agli equimiti su cui si sarebbe dovuta mantenere la stabilità e la coesione sociale e politica del suo impero.
Il problema di questa strategia di Alessandro: ovvero legittimarsi come il successore di Dario presso le popolazioni persiane andava in contrasto con gli equimiti macedoni e greci.
Per i persiani il Gran Re non era un uomo qualsiasi ma era più simile a una divinità: a lui erano dovuti atteggiamenti di sottomissione inconcepibili per gli "uomini liberi" greci e macedoni. Quindi tanto più Alessandro adottava tali usanze per farsi accettare dai persiani e tanto meno era ben visto dai suoi compagni (macedoni ma anche greci) e dall'esercito macedone.
Il quarto capitolo “Il figlio di Zeus” approfondisce proprio questa tendenza: Alessandro cerca di modificare i protomiti con cui è visto da greci e macedoni facendo diffondere voci (ovvero distorsioni, [E] 2.2) sulle proprie origine divine e vari aneddoti (ad esempio quello avvenuto presso l'oracolo di Siwa in Egitto dove, secondo Plutarco, il sacerdote invece di apostrofare benevolmente Alessandro in greco con “o paidion” (“o figlio”) avrebbe detto per errore “o paidios”, ovvero “figlio di Zeus”!) che ribadivano lo stesso concetto. Ma questo tentativo di Alessandro sostanzialmente fallisce: i lettori della mia epitome ne dovrebbero conoscere anche il motivo teorico. In [E] 2.4 spiego infatti che i parapoteri (in questo caso Alessandro) non avevano nell'antichità la possibilità di creare e diffondere distorsioni che, per loro natura, potevano nascere solo “dal basso”, cioè dalla popolazione: al massimo avrebbe potuto creare e cercare di diffondere dei protomiti più complessi che però, nella loro essenza, sarebbero arrivati alla popolazione come protomiti molto semplici e quindi simili a distorsioni (*2).
Non solo: le società macedone e greca (beh, le varie città stato) avevano già una propria stabilità, ovvero i propri equimiti. Questi equimiti come sappiamo da [E] 7.1 sono garantiti e protetti da tutti i gruppi (deboli, medi e forti) della società: il protomito/distorsione delle origini divine di Alessandro era completamente contrario agli equimiti macedoni e greci (per capirci più di stampo “democratico”) e si sarebbe quindi trovato in un ambiente ostile in quanto la società avrebbe dovuto cambiare troppo e troppo in fretta per accettarlo e farlo suo: ogni potere avrebbe contrastato il tentativo di Alessandro.
Al contrario, come spiegato [E] 5.3, quando un parapotere egemone per qualche motivo cade, lascia un vuote di potere: in questo caso il parapotere egemone persiano Dario III cadde per l'intervento esterno di un diverso parapotere, ovvero la falange macedone. Alessandro ebbe quindi la possibilità di inserire il protomito/distorsione della propria divinità nella società persiana perché, oltre a non essere in diretto conflitto con gli altri equimiti, non aveva nessun potere che vi si opponeva direttamente: l'unico che avrebbe avuto ragione di farlo, Dario III, era stato eliminato. Non solo: anche gli altri poteri persiani erano favorevoli al protomito dell'origine divina di Alessandro perché questo avrebbe provocato cambiamenti minimi (andando a sostituirsi a un altro protomito analogo) nella complessione della società e, come sappiamo ([E] 5.1 e 7.1), ogni gruppo sociale vuole essenzialmente la stabilità.

La terza parte del libro è intitolata “L'uomo Alessandro”: idealmente l'autore vorrebbe cercare di analizzare l'uomo reale, con le sue motivazioni e personalità, al di là dei protomiti attraverso cui era visto. Questa è stata forse la parte più frustrante del libro perché apre molte questioni interessanti senza però rispondere a nessuna di esse: semplicemente non abbiamo abbastanza informazioni per trarre delle conclusioni definitive.
Mi limiterò quindi a sottolineare due aspetti che mi hanno colpito più degli altri e che, secondo me, si possono poi fondere insieme: una domanda che si pone l'autore è quanto rilevante sia stata l'influenza di Aristotele come precettore del giovane Alessandro; il secondo punto è la generosità di Alessandro che viene elencata fra le sue doti “effettive” (perché provate) almeno nella prima parte del suo regno.
Ecco io riconosco in Alessandro la descrizione del magnanimo che Aristotele ci dà nell'Etica nicomachea (v. Varie su Aristotele anche se gli esempi più eclatanti non li riporto direttamente). E non si tratta solo della magnanimità: ad esempio la sua moderazione e autocontrollo personale ricordano molto il “giusto mezzo” e le sane abitudini, le virtù etiche (v. Virtù etiche), care ad Aristotele.
Io ho la netta sensazione che l'influenza di Aristotele su Alessandro sia stata enorme e che il giovane re abbia cercato effettivamente di attenersi agli insegnamenti del suo vecchio maestro: e, magari, in alcune situazioni politiche andare addirittura oltre essi.
Evidentemente qualcosa di grave accadde durante la campagna d'India che modificò l'usuale comportamento di Alessandro: la sua prematura morte non ci permette di verificare se tale cambiamento sarebbe stato definitivo o solo temporaneo.
Io, come al solito (!), avrei una teoria piuttosto interessante su quanto sarebbe potuto essere accaduto ma, almeno per questa volta, a meno di richieste dirette (*3), non mi sbilancerò...

La parte quarta descrive i primi passi dei regni ellenistici nati dalle ceneri dell'impero di Alessandro: onestamente non mi interessava e l'ho letta svogliatamente. Mi pare di poter dire che l'unica figura notevole sia stato Tolomeo, amico e compagno di Alessandro, che divenne signore dell'Egitto: a lui si deve la biblioteca e il museo di Alessandria e il culto di Serapide (oltre che una cronaca scritta di prima mano sulle spedizioni di Alessandro: non è sopravvissuta ma è stata usata come fonte principale da altri autori antichi)....

La quinta parte descrive invece come la figura di Alessandro è stata vista nel corso dei secoli: dalla “riscoperta” romana, al medioevo, fino ai giorni nostri.
Troppo lungo (e inutile) cercare di descrivere in poche righe questa evoluzione ma, sostanzialmente, ogni storico/scrittore ha visto Alessandro alla luce del proprio tempo (epomiti, [E] 6.2) trasformandolo in un mito (perché con la funzione nascosta di usarlo come esempio per giustificare e/o dimostrare gli epomiti del tempo). Gli antichi romani ne ammirarono le conquiste, usandolo quindi implicitamente come una giustificazione per il loro imperialismo; uno scrittore francese del XVIII secolo (scusate ma non ho voglia di cercarne il nome!) ne evidenziò il suo dispotismo (si era negli anni che portarono alla rivoluzione francese); oppure uno scrittore del XX secolo, Klaus Mann (figlio del più noto Thomas), in un suo romanzo storico “Alexander: Roman der Utopie” trasferisce su Alessandro la propria visione sublimata dell'omosessualità.
In definitiva ogni scrittore ha ridefinito Alessandro secondo il modello del proprio tempo vedendolo attraverso la lente dei propri epomiti e convinzioni personali.
Ciò in realtà è cosa comune: non accade solo con Alessandro ma con ogni evento storico e non solo. Più volte su questo viario ho riportato esempi di questo genere (*4) estratti dal proprio contesto storico, e reinterpretati in maniera spesso arbitraria, per dare giustificazioni storiche speciose a idee (protomiti) contemporanei.

Conclusione: sicuramente un libro interessante anche se nella seconda metà forse un po' troppo ambizioso finendo per trattare poi superficialmente troppo argomenti; ha poi il limite/pregio di rimanere molto neutrale e di non sbilanciarsi in alcuna teoria attenendosi invece solo ai fatti...

NB: mi sono accorto di non aver dato il mio personale punto di vista su Alessandro Magno! Vabbè, ormai lo rimando a un altro pezzo... forse...

Nota (*1): in realtà questo è l'atteggiamento degli storici moderni: in passato non era così e alcuni grandi storici hanno influenzato negativamente la comprensione della storia per secoli proprio perché le generazioni successive (di storici!) avevano accettato come verità le loro supposizioni non dimostrate. Probabilmente qualcosa di analogo è accaduto anche in altri campi del sapere...
Nota (*2): se all'epoca fossero esistiti giornali, radio e tivvù allora Alessandro avrebbe potuto tentare una gigantesca campagna pubblicitaria per diffondere capillarmente alla popolazione la distorsione delle proprie origini divine!!
Nota (*3): tanto lo so di non correre rischi perché tanto nessuno mi chiede niente...
Nota (*4): ad esempio con la rivoluzione francese o magari la resistenza italiana alla conclusione della seconda guerra mondiale...

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