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martedì 23 febbraio 2016

Salgari vs Manzoni

Mi pare di aver già scritto il mio giudizio su Manzoni e Salgari ma, visto che ho appena finito di leggere I misteri della jungla nera (di Salgari, Ed. Newton Compton Editori, 2011 (*1)) ritorno sull'argomento.

In realtà il confronto fra Manzoni e Salgari non è fra i più adatti: erroneamente pensavo ci fosse circa una generazione di differenza fra i due ma, al contrario, il Manzoni anagraficamente avrebbe potuto essere stato il nonno o, addirittura, il bisnonno di Salgari...
Eppure la distanza temporale non mi pare poi così importante perché le differenze sociali evidenziate dalle rispettive vite hanno paralleli in ogni epoca.

Il Manzoni poté dedicarsi alla scrittura da una posizione di privilegio, grazie alle origini famigliari: viaggiò per l'Italia, studiò in Francia e frequentò i “salotti buoni” dell'epoca. Ebbe pure modo di scocciare il Papa per ottenere l'autorizzazione a un nuovo matrimonio cattolico (il primo era stato calvinista) con la moglie: permesso che, ovviamente, arrivò prontamente.... Andate su Wikipedia per farvi un'idea più dettagliata ma è chiaro che il suo prestigio e valore fu prontamente riconosciuto anche grazie ai suoi agganci nel mondo culturale (e non) dell'epoca. Non va poi dimenticato che ebbe modo di dedicarsi alle opere che preferiva per tutto il tempo che riteneva necessario...

Emilio Salgari, benché vissuto quasi un secolo dopo, è l'opposto. Il padre è un commerciante, della madre si sa (fonte Wikipedia) che era veneziana. Non è chiaro quali fossero le risorse economiche famigliari ma a 19 anni Salgari abbandona gli studi e diventa giornalista affiancando a tale attività anche la pubblicazione dei suoi primi romanzi.
La storia di Salgari è poi risaputa: le sue opere piacevano moltissimo al grande pubblico ma l'autore ne ricavò solo guadagni miserrimi e nessuna considerazione dal mondo culturale dell'epoca.
Costretto a scrivere pagine su pagine per sopravvivere, dopo anni di vita grama, cadde in depressione e si suicidò.

Intendiamoci: i romanzi di Salgari che ho letto, e specialmente I misteri della jungla nera, sono solo dei romanzi di avventura, godibilissimi e ben documentati (l'autore prendeva il tram per andare a raccogliere informazioni in biblioteca) ma tutt'altro che indimenticabili. Ho cercato di ricordarmi la trama delle Tigri di Mompracem (letto solo qualche anno fa) ma non vi sono riuscito...
Il punto della questione non sono infatti le opere che Salgari ha scritto ma quelle che non ha potuto scrivere!
Non ho prove, né saprei come trovarle, ma sono sicuro che se Salgari avesse potuto dedicarsi a scrivere con la dovuta calma ci avrebbe lasciato dei veri e propri capolavori. Per qualche motivo che non saprei dire mi immagino Salgari come il potenziale equivalente italiano di Charles Dickens...

Evidentemente la sfortuna dovette giocare un ruolo importante nelle vicissitudini dell'autore ma è altrettanto ovvio che pari colpa fu dell'ipocrisia italica: pronta ad ammirare e adulare chi sta in alto ma sprezzante verso le opere e le qualità di chi sta in basso.

Conclusione: per una volta non chiuderò il pezzo con la mia solita riflessione finale che, nonostante la buona volontà, difficilmente renderebbero giustizia all'autore: piuttosto copio e incollo da Wikipedia (Emilio Salgari) le seguenti parole dell'autore lasciate scritte ai propri editori prima di suicidarsi:
«A voi che vi siete arricchiti con la mia pelle, mantenendo me e la mia famiglia in una continua semi-miseria od anche di più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che vi ho dati pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna.»

Nota (*1): oggi sono proprio scemo: ho perso dieci minuti a sfogliare il libro cercando di capire chi fosse il traduttore...

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