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martedì 4 agosto 2015

Decameron, primo giorno

Ho quasi finito di leggere tutti i racconti della prima giornata del Decameron (mi manca l'ultimo che, immagino, leggerò stasera) e per il momento mi piace molto.

Inizialmente è faticoso perché il linguaggio risulta quasi incomprensibile: personalmente facevo perfino fatica a individuare i soggetti!
Però basta avere pazienza e non scoraggiarsi: già alla fine dell'introduzione (la parte sulla peste: v. Idea di trama per serie su zombi) ho iniziato a farci l'orecchio...
Adesso riesco a leggerlo quasi normalmente e poi le note della mia edizione (Decameron di Giovanni Boccaccio, Ed. Mursia, 1982, a cura di Cesare Segre, commenti di Maria Segre Consigli) sono abbastanza utili: specialmente le frasi più lunghe a volte devo rileggerle con particolare attenzione. Sono fiducioso che presto non avrò più problemi: dopotutto qualcosa di simile mi era successo con le Operette morali del Leopardi che, per quanto più recenti, erano scritte in maniera estremamente ricercata...

Le nove novelle che per adesso ho letto mi sono piaciute tutte: non che mi abbiano entusiasmato ma si leggono comunque volentieri. Per adesso di “boccaccesco” c'è stato ben poco: solo una novella accenna alla relazione fra un frate, il suo abate e una fanciulla del luogo...
Sono però fiducioso che da questo punto di vista, prima o poi, ne troverò di più “interessanti”!

Per adesso mi ha colpito comi si spari a zero sui vertici della Chiesa, papa e cardinali: e siamo alla fine del XIV secolo mentre la riforma è all'inizio del XVI, insomma a ben più di cento anni di distanza...
Quanto a lungo è tollerabile il degrado delle istituzioni? In apparenza indefinitamente: se non c'è un elemento catalizzatore intorno al quale l'opinione pubblica possa aggregarsi, il popolo si limita a brontolare.

Riflettevo che si tende a considerare un popolo come un'unica entità, una specie di super persona, e ci si aspetti che si comporti come tale facendo quello che “una persona” al suo posto farebbe. Si dimentica però che il popolo come unità unica non esiste ma che è solo l'aggregazione, più o meno uniforme, di individui diversi. Quando si pensa a situazioni in cui un popolo dovrebbe ribellarsi si dimentica che in realtà sarebbero i singoli individui a doversi coordinare fra loro e prendere delle decisioni difficili quando non personalmente rischiose. E alla fine gli individui hanno una famiglia, delle responsabilità e, senza appunto un elemento catalizzatore, non se la sentono di rischiare tutto per questioni di principio o giustizia. Ingoiano l'indignazione o, a loro volta, cercano di approfittarsene...

Interessante, almeno per adesso, anche la visione degli ebrei: mi aspettavo il solito stereotipo dell'ebreo tirchio e cattivo ma in una novella è un'ottima persona (e in effetti poi si converte al cristianesimo!) e in un'altra, grazie alla propria intelligenza e arguzia, tiene testa al Saladino, anch'egli dipinto molto positivamente.
In una terza novella poi ci sono degli usurai ma, invece di essere ebrei, sono fiorentini (*1)!

In un'altra novella c'è un inquisitore: ma l'inquisizione non iniziò nel XVI secolo in Spagna? Vero che la Chiesa è stata da sempre impegnata nella lotta alle eresie... Probabilmente la presenza di “inquisitori” non significa che esisteva già il tribunale dell'inquisizione ma, semplicemente, che c'erano già degli specifici religiosi che vigilavano costantemente sull'ortodossia dei fedeli...

Comunque la novella che mi è più piaciuta al momento è la quinta...
Il re di Francia al ritorno dalle crociate si invaghisce, solo per averne sentito la fama, della marchesa di Monferrato e per questo motivo decide di passare a farle visita. Fortunatamente, il giorno prima di raggiungere la residenza della marchesa, le manda gli ambasciatori ad annunciarlo: la marchesa ha così la maniera di prepararsi e di riflettere sulla situazione. La visita del re la stupisce perché suo marito è ancora alle crociate: giustamente giunge così a sospettare che il re sia in realtà interessato alla sua persona. Ovviamente non può negargli la visita ma dà lo stravagante ordine ai servi di prendere tutti le galline disponibili e di cucinare tutti piatti a base di pollo...
L'indomani inizialmente il re rimane positivamente impressionato dalla bellezza e dalla personalità della marchesa: poi, durante il pasto, si accorge che tutti i piatti sono a base di pollo e se ne stupisce. Ovviamente non vuole essere scortese protestando con la marchesa ma non si trattiene dal fare una battuta al riguardo e le chiede «Dama, nascono in questo paese solamente galline senza gallo alcuno?» e lei, che non aspettava altro, gli risponde «Monsignor no, ma le femine, quantunque in vestimenti e in onori alquanto dall'altre variino, tutte perciò son fatte qui come altrove. (*2)»
Il re comprende che la marchesa si riferisce alle donne e non alle galline e questo basta a farlo rinsavire e a lasciar perdere la sua infatuazione...

Conclusione: mi sa che avrò da scriverci molti pezzi su queste novelle perché, oltre che divertenti, sono anche ricche di spunti per interessanti riflessioni!

Nota (*1): in teoria potrebbero essere ebrei fiorentini ma ho la sensazione che in tal caso il Boccaccio li avrebbe definiti semplicemente ebrei!
Nota (*2): che “tradurrei” così: «Monsignor no, infatti le femmine, sebbene si differenzino fra loro in vesti e onori, sono però, qui come altrove, fatte tutte uguali...»

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