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martedì 14 luglio 2015

Giustizia informatica: più 0 che 1

L'idea centrale di questo pezzo l'avevo avuta molto tempo fa, un anno e forse più, ma fino a oggi mi era mancato quell'entusiasmo che mi spinge a scrivere articoli che nessuno o quasi leggerà...
Il motivo della mancanza di entusiasmo era dovuto al fatto che l'idea di fondo è vagamente paranoica/complottistica, molto adatta per basarci un romanzo ma un po' fragile per costruirci sopra un articolo. Mi immaginavo di dover scrivere mille premesse, spiegando e ripetendo che “è una mia teoria, non ho prove, è una possibilità, è comunque un pericolo da tenere presente”.
Insomma avrei finito per scrivere metà pezzo ripetendo che la mia era solo un'ipotesi e che, io stesso, la consideravo tale: e tutto questo per non essere considerato il solito complottista un po' matto e parecchio paranoico...

Però pochi giorni fa mi sono imbattuto in un articolo del FattoQuotidiano.it che rende improvvisamente più concrete e credibili le mie preoccupazioni che, pensavo, essere ancora solo teoriche...

Fatemi prendere la questione partendo da lontano: la giustizia.
A grandi linee la giustizia giudica le persone basandosi su fatti e prove.
Sempre più spesso, specialmente in occasione di grandi processi, si sente parlare della polizia scientifica (o postale?) che “esamina” i calcolatori degli imputati alla ricerca di indizi. In pratica viene estratto l'hard disk dal calcolatore e si verifica quali siano gli archivi presenti, quelli cancellati e le varie operazioni effettuate su di esso dal suo proprietario.
Molto spesso queste prove diventano decisive per l'esito di un processo confermando un alibi o distruggendolo...

Inciso.
Mi piacerebbe chiedere a un giudice quanto valga una prova o quanto valga la parola di un testimone. Immagino che più la prova è concreta e più il testimone è credibile e maggiore sia la loro rilevanza per l'esito del processo.
Credo di non sbagliarmi supponendo cioè che ciò che la scientifica trova nel calcolatore di un imputato sia considerato una prova dalla massima attendibilità: in pratica un fatto.
Ad esempio se la polizia scientifica dice che il giorno X l'imputato ha scaricato il filmato Y, anche se l'imputato dicesse che non è vero, giudice e giuria difficilmente crederebbero al secondo...
Fine inciso.

Poi, circa un anno fa, pensai all'NSA e ai suoi enormi archivi dove tutto ciò che passa in rete è accuratamente analizzato e registrato per uso futuro.
Vi rendete conto del potere che dà tutta questa mole di informazioni? In pratica anche i segreti che abbiamo confidato all'amico più intimo sono noti all'NSA che, potenzialmente, potrebbe quindi usarli contro di noi. Ci sono mille maniere per sfruttare un segreto ma il più semplice è usarlo come arma di ricatto minacciando di rivelarlo.
Certo, rivelare un segreto senza fornirne le prove, non servirebbe a niente: ci si potrebbe sempre difendere dicendo che non è vero. Magari la nostra immagine ne risentirebbe ma, in base alla nostra credibilità e alla verosimiglianza del segreto, nessuno potrebbe dirsi certo della verità.
Ma se la prova fossero delle epistole (cioè dei messaggi elettronici), magari inviate decine di anni prima, oppure delle immagini video del DVD della telecamera di sicurezza di una banca che, per un attimo, ci inquadrò mentre passeggiavamo per la strada circa dieci anni fa, esattamente nel giorno X dell'anno Y?
Allora il segreto sarebbe credibile e la vittima ricattabile.
E qui il cerchio si chiude: ve ne siete accorti? Pensateci...

È tutto digitale: sia il segreto che le prove del segreto. E come si fa a sapere se un archivio digitale è autentico? Dipende dall'autorevolezza della fonte: se la polizia scientifica dice che tale archivio era presente su tale disco rigido tutti, giudice compreso, ci credono.
Ma se il calcolatore fosse stato manomesso? Se le tracce informatiche lasciate da una epistola fossero false? Se anche il video fosse stato falsificato?
Ecco questi dubbi, queste domande, erano la parte della mia idea che ritenevo più debole: scrivo delle domande plausibili ma è facile che il lettore spenga il cervello e vi legga solo “Complotto? Oppure è un complotto? Ma allora è un complotto?”
Insomma queste ipotesi sembrano verosimili al massimo per un romanzo di spionaggio o per un giallo informatico. Nella vita (e nei processi!) di tutti i giorni chi avrebbe la possibilità di effettuare manipolazioni così approfondite e diffuse?

Poi ieri ho trovato il seguente articolo: “Hacking Team” il software Rcs che può truccare il computer con false prove. Dubbi sull'uso nelle inchieste.
L'avete letto? Praticamente tutte le mie paure, che io stesso consideravo vagamente paranoiche, sono in realtà già reali... Anzi questo articolo è così esplicito e chiaro che mi fa pentire di non aver espresso prima le mie perplessità: adesso potrebbe sembrare che le abbia copiate da esso!

Il succo della questione è: ora è possibile creare prove informatiche false e, di conseguenza, nessuna prova informatica è totalmente attendibile.
Sì, ma perché la polizia scientifica dovrebbe farlo? La polizia scientifica forse no (*1) ma se altre persone avessero a disposizione tale software o qualcosa di analogo?

Ma c'è di più: se si parte dalla premessa che le prove informatiche non sono più attendibili allora crolla tutto. Infatti neanche i testimoni terzi sarebbero attendibili!
Chi ci dice infatti che anch'essi non siano ricattati con prove vere o false che siano? E non importa che non si abbia mai fatto niente di illegale perché il ricatto potrebbe essere di qualsiasi genere: magari si potrebbe minacciare di far sapere alla moglie gelosissima di quella avventura di una notte di tanti anni prima. E di nuovo, anche se tale avventura non fosse mai esistita, sarebbe comunque possibile creare tutte le prove di essa rendendola reale...

O magari si potrebbe semplicemente ricattare il giudice...

Certo, per il momento si tratta di strumenti informatici non certo alla portata di tutti ma questo non significa che resteranno sempre tali e che comunque, già adesso, non vengano abusati.

Pensando all'improvviso voltafaccia di Tsipras e alle incredibili pressioni che ha subito da tutto il mondo (USA compresi...) non è da escludere che gli siano arrivate anche minacce di ricatti che avrebbero potuto annientarlo politicamente e umanamente.

Conclusione: si avvicinano tempi bui per la giustizia perché presto nessun testimone sarà credibile, per non parlare delle prove informatiche...

Nota (*1): a meno che non ci siano pressioni politiche... La psicosociologia ci insegna che l'uomo è di natura portato a ubbidire a quella che ritiene essere l'autorità. I poliziotti poi, ancora più abituati a ubbidire, difficilmente si opporebbero a una richiesta del proprio superiore...

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