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giovedì 11 luglio 2013

Le leggi del potere

Fra i libri dello zio ce ne era uno intitolato le “Leggi del potere” o qualcosa del genere. Avevo iniziato a leggerlo con una certa curiosità ma mi ero subito reso conto che non era quello che credevo.

Mi aspettavo un'analisi, magari basata su studi storici, di come il potere, inteso in senso lato, evolvesse nel tempo. Di come nascesse, crescesse e infine morisse o, meglio, si trasformasse.
Perché infatti qualcosa per conto mio, sull'argomento, avevo già pensato: leggendo la storia o altri libri (*1) ci si accorge che ci sono delle situazioni ricorrenti che si ripetono e, come tali, andrebbero analizzate...

Il libro invece prendeva degli spunti da aneddoti storici (talvolta anche interessanti o divertenti) e presentava come grandi verità tutte le possibili sfumature del cinismo politico. Tutto qui...

Allora, siccome l'argomento mi pare molto interessante, voglio provare a riassumere le mie idee. Ovviamente non ho la pretesa di fare un'analisi completa: non avrei né la competenza né la conoscenza necessarie per riuscirci...
Però intanto inizio a scrivere quello che ho pensato e poi magari, col tempo, l'integrerò con altre riflessioni.

Una premessa: intendo il “potere” nel senso più ampio possibile. Accomuno quindi il potere politico, con quello economico, con quello religioso, etc...
In realtà credo che ogni potere possa convertirsi da un tipo all'altro e sarebbe quindi un vincolo artificioso limitarsi ad analizzarne un solo aspetto. Volendo, usando un termine in verità molto abusato, per “potere” intendo tutti i “poteri forti” che, magari con nomi diversi, sono sempre esistiti.

La prima legge è: il potere cerca di crescere e di diventare sempre più forte.

La seconda legge è: in presenza di un potere predominante gli altri poteri si alleano fra loro per contrastarlo oppure ad esso per godere di luce riflessa.
Infatti in caso contrario, per la prima legge, il potere egemone tenderà a espandersi a scapito dei poteri più deboli.

La domanda spontanea ma anche più giusta da farsi, è come sia possibile che un potere, una volta divenuto egemone e magari più forte della somma degli altri messi insieme, possa poi indebolirsi ed essere sopraffatto.

Le risposte sono molteplici; analizziamo prima i motivi più semplici:
  • Ogni potere, per quanto forte, può prendere delle decisioni errate che portano, involontariamente, al suo indebolimento
  • Contingenze esterne, la sorte, possono sempre cambiare le carte in tavola alterando gli equilibri di potere
Per le altre ragioni è necessaria una premessa.
Su cosa si basa il potere?
Si basa sulla strutturazione della società.
In un mondo primitivo, dove ogni uomo vive per proprio conto, allora l'unico potere che il singolo può detenere è quello su sé stesso. Quando però gli uomini si organizzano insieme collaborando fra loro in associazioni (di qualsiasi tipo) si generano allora altrettanti poteri.
Più la società è complessa e più numerosi e interconnessi fra loro saranno i poteri corrispondenti.

Tornando alla nostra domanda adesso possiamo fornire dei motivi più complessi:
  • La struttura della società non è fissa ma varia nel tempo: questo si riflette automaticamente nei corrispondenti poteri
  • Il potere non esiste su un unico livello sociale ma si replica in ogni aspetto della società (Esempio: in una fabbrica di paese il singolo direttore avrà un grande potere; ma al livello del paese la stessa persona sarà solo importante; nella provincia potrà forse dire la sua ma a livello regionale sarà quasi insignificante. Cioè ci sono appunto vari livelli di potere che si intersecano fra loro). Quindi, in base al livello a cui facciamo riferimento, è possibile che talvolta ci siano ingerenze di un potere esterno alle dinamiche usuali che alteri anche drammaticamente la situazione (Esempio: la fabbrica viene comprata da una multinazionale e il vecchio direttore sostituito)
La risposta più generale è data però dalla terza legge del potere che quindi enuncio e spiego a parte.
La terza legge dice: più un potere diventa forte e pervasivo, maggiore diventa la tensione interna che, nel lungo termine, porterà alla sua autodistruzione.

A differenza delle prime due questa legge è contro intuitiva. Vediamo quindi di spiegarla un po' meglio.

Una rozza valutazione del potere (che non considera, ad esempio, gli aspetti economici e altri ancora) può essere data dal numero di persone che si hanno a “disposizione”. Chi comanda su 100 persone ha un potere di 100, chi comanda su 10 persone ha un potere di 10. Ok?
Ora immaginiamoci uno Stato e il relativo potere politico rappresentato dalle varie forze politiche: il partito con una rappresentanza del 60% avrà una forza pari a 60, il partito con una rappresentanza del 20% avrà una forza pari a 20, etc...
Ma supponiamo, per assurdo, che un partito ottenga il 99% della rappresentanza, senza brogli e senza inganni. Siamo quindi nel caso limite di un potere quasi assoluto. Ma ecco che si rivela anche il paradosso!
Qualsiasi decisione prenderà questo partito egemone è impossibile che tutta la sua base ne sia soddisfatta: inevitabilmente alcuni interessi verranno premiati e altri sfavoriti. Questo porterà a divisioni, a correnti interne che sostengono strategie (interessi) diversi. Prima o poi questi contrasti diventeranno abbastanza forti da spaccare il partito dividendo il potere che prima era coeso.

Il potere assoluto è condannato a rimanere inerte per conservare lo status quo oppure, qualsiasi decisione prenda, provocherà delle tensioni interne che presto o tardi provocheranno la sua frantumazione.

In conclusione, secondo me, queste tre leggi sono alla base di tutte le dinamiche di potere.
Ovviamente ci sarebbe molto da aggiungere e da chiarire: se c'è interesse da parte dei lettori e voglia da parte mia magari potrei fare un nuovo pezzo con degli esempi concreti. Vedremo...

Nota (*1): Da questo punto di vista ho trovato ricco di spunti Il conclave di Giancarlo Zizola perché segue due millenni di storia della Chiesa.

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