«[Figlio dell'uomo] Porgi l'orecchio e ascolta le parole di KGB
e applica la tua mente alla SUA istruzione
» Pv. 22,17

Qui si straparla di vari argomenti:
1. Il genere dei pezzi è segnalato da varie immagini, vedi Legenda
2. Per contattarmi e istruzioni per i nuovi lettori (occasionali e non) qui
3. L'ultimo corto è questo
4. Molti articoli di questo blog fanno riferimento a definizioni e concetti che ho enunciato nella mia Epitome gratuitamente scaricabile QUI. Tali riferimenti sono identificati da una “E” fra parentesi quadre e uno o più capitoli. Per esempio: ([E] 5.1 e 5.4)

sabato 3 aprile 2010

Due mezzi post

L'ora legale mi aveva fatto bene. Non so come ma, l'alzarmi un'ora prima, deve aver confuso la mia insonnia e, questa settimana, ho dormito quasi sempre bene...
Quasi, perchè, proprio stanotte, sono stato sveglio un paio di ore, e ne ho approfittato per finire di leggere una selezione delle "Fiabe" dei fratelli Grimm.

Questa insonnia è all'origine del post di oggi: infatti, subito prima di svegliarmi, ho fatto un sogno con un'idea molto interessante mentre, durante la lettura, mi è capitata una fiaba un po' particolare...

Primo Mezzo Post
Il sogno era una specie di film e io, non ero presente personalmente, ma "passavo" di personaggio in personaggio. Inizialmente ero un soldato americano e, con il mio reparto, dovevo proteggere un'isola dall'assalto dei giapponesi. L'isola era vasta, coperta da una fitta giungla e abitata da pigmei cannibali. Sulla costa c'era invece una piccola base piuttosto insignificante. Alla base, insieme a pochi altri civili, vi abitava mia moglie (incinta). Non ricordo i perché e i percome ma, le avevo mandato un messaggio dove le spiegavo come fuggire. Poi "divento" la moglie e, invece di andare con gli altri profughi, fraintendendo le istruzioni, sbaglio strada e mi perdo nella giungla. Ovviamente finisco per incontrare i pigmei cannibali. Qui la sorpresa: questi pigmei non sono affatto dei cannibali ma adorano, come fossero divinità, i libri. Vengo a sapere che, in qualche strana maniera (forse dal relitto di un aereo?), un certo numero di libri è giunto fra i selvaggi. Un pigmeo estremamente dotato, per non dire geniale, aveva imparato a leggere (probabilmente c'erano anche libri per bambini...) e poi, aveva insegnato ai suoi compagni, le nozioni di utilità pratica lette sui libri più avanzati. In questa maniera, il tenore di vita, dei pigmei era notevolmente aumentato. Colui che aveva insegnato agli altri però, non se ne era preso il merito, ma lo aveva attribuito interamente ai libri che, quindi, venivano adorati come se fossero dei benefattori.

Poi mi sono svegliato. Il sogno è modesto (probabilmente influenzato da un documentario, visto qualche giorno prima, dove ci sono americani, giapponesi, selvaggi e l'isola del Borneo...) però, l'idea dei selvaggi che adorano i libri perchè, grazie alle loro nozioni, possono vivere meglio, mi pare molto interessante e potrebbe costituire la base per un buon racconto.

Secondo Mezzo Post
Probabilmente le mie aspettative erano troppo alte ma, le fiabe lette, sono incredibilmente deludenti. Certo alcuni racconti hanno idee interessanti ma, in genere, anche i più promettenti, vengono rovinati con delle banalità. Inoltre mi aspettavo che i racconti avessero una morale da imparare (tipo le fiabe di Esopo) ma in genere si tratta di poca cosa: la morale più ricorrente è quella che insegna ad essere generosi con il prossimo (specialmente se il prossimo è un folletto magico); viceversa l'avidità viene sempre punita.
Comunque una fiaba mi ha particolarmente colpito proprio a causa della sua "dubbia" morale. Il titolo è "Millepeli" (la numero 65) è racconta le avventure di una giovane principessa. La trama, molto stringatamente, è la seguente: un re rimane vedovo e non si risposa. Dopo qualche anno, quando l'unica figlia, bella come la madre, è cresciuta, lui si accende di "amore ardente" per lei. I consiglieri disapprovano e "...dissero sgomenti: ´Dio vieta che il padre sposi la figlia, dal peccato non può venire niente di buono e i guasti ricadranno sul regno'". Anche la principessa la pensa così e, per non sposare il padre, scappa dal castello. Dopo una breve permanenza in una foresta, ritorna al castello e, sotto mentite spoglie, inizia a lavorare come sguattera del cuoco. Nel frattempo il re dà delle feste: la principessa ci partecipa, con abiti magici, e ogni volta balla con il padre per poi scappare via senza farsi riconoscere. La scena si ripete per tre volte e, alla fine, il re, con uno stratagemma, riesce a riconoscere la figlia anche quando ella si è travestita nuovamente da sguattera. Così il racconto termina con "Disse il re: ´Sei la mia sposa diletta, noi non ci separeremo mai´. Le nozze furono celebrate e loro vissero felici fino alla morte."

E la morale? Fate voi...

Nessun commento:

Posta un commento